di Gennaro Fiorentino

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Il 15 Aprile 1967 si spegneva a Roma, nella sua casa ai Parioli, il grande Totò.
Rientrato a Napoli per l’ultima meta, il popolo napoletano gli tributò l’estremo omaggio
presso la Basilica del Carmine Maggiore alla presenza di oltre centomila persone.
Il suo collega in diversi film, ma soprattutto il suo amico di sempre, Nino Taranto, recitò una breve
ma commossa elegia funebre che è passata alla storia per la sua schiettezza e commozione.
Oggi il povero Totò riposa in pace nel nobile cimitero di S. Maria del Pianto non lontano
dagli altri grandi artisti a partire dall’indimenticato Enrico Caruso per pervenire alla famiglia Scarpetta
ed a quella proprio di Nino Taranto. Diverse le iniziative (molte irrinunciabili) previste nella città di Napoli
per ricordare l’artista, in un periodo che è coinciso con i due appuntamenti clou del calendario annuale
degli eventi: il 'maggio dei monumenti' e il 'Napoli Teatro Festival'.
Anche noi, nel nostro piccolo, vogliamo celebrare con un breve ricordo l’attore
e abbiamo pensato di farlo in aderenza alla tematica, recensendo il film “Destinazione Piovarolo”
dove Totò veste la divisa di capostazione.
Vi troverete qualche notizia, qualche memoria, qualche citazione,
con la presunzione di dire qualcosa di inedito di quel poco che non è stato ancora detto.

LA TRAMA

Il film è del 1955. Diretto dal prolifico regista D. Paolella, fu prodotto dalla neonata casa D.D.L. costituita dallo stesso Antonio De Curtis, Alfredo De Laurentis e Renato Libassi. Ma in verità Totò abbandonò presto la sua inedita veste di produttore disconoscendosi qualità imprenditoriali e rifiutando l’idea di non essere pagato per il suo lavoro.

Anche se è chiaro che la sua prestazione professionale sarebbe stata comunque compensata dagli utili dell’impresa. La semplice trama ambientata a partire dal 1922, è nota. Il giovane Antonio La Quaglia (Totò), dopo tre anni di tentativi, riesce a classificarsi all’850° posto di 850 destinati all’assunzione come capistazione.

E’ intuibile che sarà destinato alla più disagiata delle destinazioni, quella rifiutata da tutti, dove si ferma solo una coppia di accelerati al giorno ed il cui nome, davvero poco promettente, è: Piovarolo (nome di fantasia).

La Quaglia spenderà la sua vita per avere un agognato trasferimento che non arriverà mai pur attraverso occasioni storiche che fanno da sfondo alla vicenda. La sua attesa sarà via via condivisa dalla famiglia che, con lo scorrere del tempo, andrà a costituire. In questo destino avverso non sarà estranea la cattiva e beffarda sorte che gli porrà in alcuni momenti la soluzione dei suoi problemi a portata di mano.

Purtroppo circostanze avverse (o ingenuità) lo faranno ripiombare nell’attesa vana dell’abbandono di quell’esilio forzato nel paese dalla pioggia quasi perenne. Il film si chiude con l’immagine rassicurante di un treno in partenza con il ministro dei trasporti che, malgrado il rilascio di ipocrite promesse, si dimostrerà poco propenso ad aiutare l’oscuro capostazione di Piovarolo.

Tra nebbia e pioggia, alla stazione fantastica di "Piovarolo".

GLI ATTORI

La pellicola si dimostra una vera enciclopedia dei più noti attori e caratteristi che identificarono la cine produzione italiana degli anni ’50. Partiamo dal protagonista: Totò. Molti critici non ne hanno apprezzato la prestazione sia pure omologandosi ad una generale rivalutazione post mortem. E’ stata ravvisata una contaminazione tra quello che dovrebbe essere il piglio serio di un capostazione con le prestazioni brillanti o addirittura comiche del personaggio La Quaglia. Io trovo invece che il protagonista cerchi proprio nel suo carattere leggero, ma non rassegnato, argomenti di coraggio per andare avanti e credere in un possibile cambiamento del destino avverso. Questo modo di affrontare le difficoltà rappresenta del resto la filosofia partenopea del buon viso a cattivo gioco, anche nei momenti più difficili della storia personale o del contesto. Senz’altro annovererei tra i comprimari, posti alla pari, l’attrice Marisa Merlini (la maestrina-moglie del capostazione) e Tina Pica (Beppa, la casellante), le cui recitazioni ritengo ragguardevoli specialmente quella della seconda.

In questa frame abbiamo catturato la presenza contestuale degli attori Totò, Marisa Merlini

e Tina Pica nonché del convoglio delle “centoporte” con 835 utilizzato per le riprese.

Diversi sono i camei di volti noti: Mario Carotenuto (capostazione uscente), Paolo Stoppa (onorevole Gorini), Nino Besozzi (ministro dei trasporti), Enrico Viarisio (onorevole De Fassi), Arnoldo Foà (il podestà), Nando Bruno (il sagrestano), Leopoldo Trieste (ispettore delle ferrovie), Carlo Mazzarella e Giacomo Furia (segretari degli onorevoli), Ernesto Almirante (il garibaldino).  

I LUOGHI

Come si può immaginare, la località di Piovarolo non esiste essendo proprio frutto della fantasia degli sceneggiatori. Né tanto meno esiste il nome Poggio Imperiale che ne prende il toponimo (nel corso della vicenda) e che illude il nostro povero eroe di aver avuto l’agognato trasferimento. O per lo meno è il nome di un paese della Calabria che nulla ha a che vedere con lo svolgimento della trama.

Il film è stato nella realtà girato in varie località salienti che combinate hanno dato il risultato finale. Le scene genuine della stazione sono state girate nella località di Salone sulla linea Roma-Pescara. I contesti del paese invece sono stati ripresi in una località caratteristica dell’alto Lazio ossia Mazzano Romano. Molto interessante, invece, l’osservazione delle prime scene ossia quelle dell’esposizione della graduatoria. Esse verosimilmente sono state riprese nel cortile del Palazzo delle Ferrovie in piazza Croce Rossa a Roma (Porta Pia), edificio altresì denominato Villa Patrizi in quanto in origine appartenente a tale nobile famiglia romana.

Il candidato sconvolto dopo aver appreso di aver conseguito la nomina,

stramazza nel cortile monumentale del Ministero dei Trasporti.  

Come pure non può sfuggire all’osservatore attento che la stazione di Piovarolo (o Salone che dir si voglia) ha avuto anche una riproduzione posticcia negli studi cinematografici Amato. Ciò al fine di conferire una libertà di azione per riprendere le scene non necessariamente con la presenza dei treni. Questa scelta operativa ha altresì consentito di agire a piacimento con i getti d’acqua che simulassero la pioggia perenne di Piovarolo.  

I TRENI

Se da questo film vi aspettate di vedere un turbinio di treni visto che è ambientato in una stazione, resterete abbastanza delusi. In sostanza, come già detto, possiamo fare un distinguo tra le scene genuinamente riprese in stazione e quelle, invece, riprese nel simulacro ricostruito negli studi.

Per quanto riguarda le prime, esse si sono svolte con l’utilizzo di un convoglio ad hoc formato da alcune vetture centoporte ed una locomotiva 835, macchina com’è noto destinata alle manovre ma che qui viene impiegata in trazione. La presenza del vapore appare ancora meno coerente se si nota come il piazzale della stazione sia ben elettrificato in maniera sistematica, anche se la trama si svolge in alcuni decenni della storia d’Italia.

Ampia presenza di catenaria in una stazione deputata alla trazione a vapore: licenza poetica.

I personaggi: La Quaglia, l’onorevole De Fassi e il suo segretario.

Comunque, l’utilizzo della 835 appare davvero un peccato veniale, considerando che sul piazzale si nota la presenza di un’altra locomotiva in sosta e non collegata al film. Dopo un consulto con altri soci, si è concluso trattarsi di una 735.

Il piazzale di Piovarolo ma nella realtà Salone, con la presenza di una 735 al traino di un merci.

Inoltre di tanto in tanto appare, in ambientazioni notturne, un E428 di II serie che, a dire il vero e considerato il buio, potrebbe trovarsi dovunque e non necessariamente a Piovarolo. Un altro segmento ferroviario che mi è sembrata una certa inspiegabile presenza, è stato il passaggio della (immagino la solita) 835 in una specie di raccordo che appare alle spalle delle stazione. Ciò si vede molto bene nel frame dove appare la vettura dell’onorevole Gorini.

Il colloquio a distanza tra il capostazione ed una paesana, viene interrotto dalle folate di fumo

di una 835 in transito in una zona posta dietro il FV della stazione.

Ed a proposito di tale auto, anch’essa ha attirato la mia attenzione. Dopo varie indagini e consultazioni anche con esperti, sono arrivato alla conclusione che debba trattarsi del modello taxi londinese Austin 12/4 lanciato nell’anteguerra. Questa vettura, che per la facilità di imbarco dei bagagli le era stato affibbiato il nomignolo di low loader (scarico basso), era annoverabile nella tipologia di vettura detta landaulet, oggi scomparsa.

Si trattava di un curioso progetto derivante come accezione da quelle delle carrozze lando, (in origine scritto landau) dove curiosamente l’autista era coperto dal tetto in lamiera mentre i passeggeri potevano scegliere se stare al coperto o allo scoperto, essendo la loro porzione di abitacolo provvista di una copertura decappottabile.

Curiosa presenza di un Austin 12/4 già taxi londinese, modello lanciato negli anni ’30

come molto innovativo. Genere landaulet a pianale ribassato.

LA MUSICA

Prima di concludere l’analisi di questo film, non bellissimo, al quale però siamo davvero affezionati, mi si consenta un accenno alla musica. Il musicista accreditato come autore della colonna sonora è Angelo Francesco Lavagnino.

 Tuttavia nel film è presente anche una canzone scritta dallo stesso Antonio De Curtis (Totò) ossia “Abbracciato cu ttè” cantata da Achille Togliani, un cantante molto popolare negli anni ’50 nonché beniamino di tante signore e signorine.

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